martedì 13 settembre 2016

Wild Canin!

Iniziamo la nostra esperienza da bloggers con il botto, ossia con la nostra penultima avventura. Non con l’ultima perché a noi l’ordine non ci garba.

Riprendiamo in mano il nostro diario, lo apriamo al 7 agosto 2016 e veniamo ricatapultate all’atmosfera di quella mattina. Ci siamo svegliate verso le 6.30 con la luce del sole negli occhi, sotto la terrazza del rifugio Gilberti (aka Gilbo), dopo una delle dormite migliori della nostra vita. Davanti a noi solo montagne, quelle montagne che il giorno prima ci hanno fatto gioire, stancare, sorridere ed urlare. La mattina del 7 agosto è passata lenta, ma di quella lentezza piacevole, che ti fa assaporare tutto ciò che ti circonda e che ti fa apprezzare ancora di più l’esperienza vissuta.
Facciamo quindi ancora un passetto indietro, al pomeriggio del 5 agosto, un venerdì.
I programmi erano, come al solito, chiarissimi (orari, km e dislivello, posti notte) e noi eravamo pronte con l’essenziale (nessun “non si sa mai” in zaino, credeteci!!) per una 3 giorni di trekking sulle Alpi Giulie, per la precisione sul gruppo del Monte Canin.
Ci eravamo innamorate a prima vista di quelle montagne un paio di weekend prima durante un festival di attività outdoor e ci eravamo subito dette “dobbiamo tornare!”.

E quindi… torniamoci!!
Partiamo alle 14.30 da Trieste, incredibilmente senza soste supermercato, garage di mamma, benzina in Jugo, ecc. Dopo due ore arriviamo a Sella Nevea, nuvoloni neri e pioggia ci sorprendono (“il Friuli piange di essere friulano” cit.). Ci sembra un miraggio vedere il furgone di Sbisi, climber triestino e amico di lunga data. Sha lo chiama e iniziamo a capire che il telefono quassù è un optional.
Dopo una mezz’ora finalmente ci risponde, è a Sella Nevea! Lo raggiungiamo in appartamento e lo troviamo in compagnia di Mose e Dave.
Vuoto cosmico o pietoso velo sulla splendida serata passata in compagnia del Ghey Team, di cui i tre desperados fanno parte. Andiamo a dormire alle 4.30 convinte che il giorno seguente l’impresa la faremo, andremo sul Canin! Figo.. bel.. bravi tutti!

Sabato 6 agosto
Ore 8.47 suona per 10 minuti la sveglia del Mose che poi afferma “Ah! Ma xe la mia?!”
Ore 9.50 “Sha, xe le dieci meno dieci!!!”
Ore 10.47 finalmente il sole ci degna del suo splendore e con la cabinovia raggiungiamo il Gilbo, punto di partenza del nostro giro. In pancia un succo e un biscotto, altro non era assumibile.
Scendiamo dalla cabinovia, ritroviamo l’atmosfera del mese precedente, riguardiamo i monti e siamo consapevoli che arriveremo in cima, costi quel che costi.
Iniziamo a camminare, in breve raggiungiamo Sella Bila Pec e ci avviamo verso gli ormai ridottissimi nevai e l’attacco della ferrata Julia. Prima di affrontarla, mangiamo qualcosa, ci copriamo (caldo xe altro, sai vento anche…), facciamo una rapida sosta toilette e Chià affronta il contro magno dell’esser donna (ma nulla ci fermerà!). La ferrata Julia è bella, nuova, un po’ al risparmio con le staffe ma tutto sommato ben protetta. E’ comunque una bella stancata, quasi tutta verticale e gli appoggi per mani e piedi non sono immediati. Arriviamo in cima, ma non è la cima… il Canin è lassù, un centinaio di metri più in alto. Siamo già stanche, tira vento, la fame si fa sentire ma dobbiamo arrivare in cima e, soprattutto, decidere da dove scendere. In una ventina di minuti arriviamo in vetta! Monte Canin: 2587 m slm! Yeah! Ara in che bei posti che te porto… ciò!


Guardiamo il sentiero/ferrata che scende verso il bivacco Marussich, dove avevamo previsto di dormire… c’è vento, è molto esposto, non si vedono cavi d’acciaio, si intravede solo la traccia del sentiero… insomma non ci piace per niente!
Ci spostiamo sotto vento e guardiamo la carta dei sentieri, veniamo interrotte nel nostro confabulare da una ragazza slovena che ci mostra la sua carta, a quanto pare più meglio del meglio, e ci dice che possiamo tranquillamente fare il sentiero dal lato sloveno e che sicuramente il rifugio in Slovenia più vicino è aperto, o quantomeno c’è il bivacco invernale … “sure sure, our friends were there not long time ago!!”
Con un sospiro di sollievo, scendiamo dal Canin dirette verso questo rifugio, due orette di discesa relativamente blanda e iniziamo a sognare la pasta col tonno, il salame, il formaggio e il sacco a pelo caldo. Ah ah… speranze vane! Il sentiero è tranquillo sì, un po’ roccioso (è qui che hanno inizio i “sta roccia xe onnipresente” di Sha) e in un paio d’ore siamo a sto benedetto rifugio… chiuso, sprangato, in piena battuta di vento! Il bivacco invernale? In costruzione! Benissimo!!! Ma … “sti our friends che rifugio verto se ga sognà?!”
Sono le 18.30 e non resta altro che riprendere il sentiero, costeggiare il monte Forato, scendere in Sella Prevala e poi ancora verso il Gilbo. Nel frattempo proviamo a chiamare Sbisi che la mattina ci aveva detto “noi saremo al Gilbo stasera, se gavè problemi, ciamene pur!”. Utente non raggiungibile… dejavù!
Alle 21.00 siamo in Sella Prevala, abbiamo distrutto la carta tabacco causa vento eccessivo e poca pazienza nel ripiegarla, abbiamo perso sensibilità alle mani ma ci stiamo godendo un tramonto mozzafiato e vediamo le luci del rifugio!!


La discesa lungo la pista al buio scorre veloce, le ginocchia urlano un po’ e Chià rischia di finire in un fosso causa frontale un po’ scarsetta, ma l’obiettivo è lì e non ci fermerà nessuno, neanche l’ultima salitina spaccagambe. Alle 22.00 circa, dopo 11 ore di cammino, siamo in rifugio, entriamo e troviamo i 3 del Ghey Team che banchettano al caldo, ci guardano come se fossimo dei fantasmi e ci dicono “e voi cossa fè qua?!”. Seguono improperi verso i loro telefoni ma quando ci sediamo, ci arriva la minestra calda e ci dicono che possiamo dormire lì tutto diventa migliore.
La serata si conclude prestissimo, il sacco a pelo ci attende e l’unico rumore sono le folate di vento che ogni tanto ci scuotono, tempo 1 minuto e non le sentiamo più… buonanotte!

Chià&Sha

PS: grazie ai 233 gnocchi fatti in casa dal Mose e al vino Comelli 

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