Iniziamo la nostra esperienza da bloggers con il
botto, ossia con la nostra penultima avventura. Non con l’ultima perché a noi
l’ordine non ci garba.
Riprendiamo in mano il nostro diario, lo apriamo al
7 agosto 2016 e veniamo ricatapultate all’atmosfera di quella mattina. Ci siamo
svegliate verso le 6.30 con la luce del sole negli occhi, sotto la terrazza del
rifugio Gilberti (aka Gilbo), dopo una delle dormite migliori della nostra
vita. Davanti a noi solo montagne, quelle montagne che il giorno prima ci hanno
fatto gioire, stancare, sorridere ed urlare. La mattina del 7 agosto è passata
lenta, ma di quella lentezza piacevole, che ti fa assaporare tutto ciò che ti
circonda e che ti fa apprezzare ancora di più l’esperienza vissuta.
Facciamo quindi ancora un passetto indietro, al
pomeriggio del 5 agosto, un venerdì.
I programmi erano, come al solito, chiarissimi (orari,
km e dislivello, posti notte) e noi eravamo pronte con l’essenziale (nessun
“non si sa mai” in zaino, credeteci!!) per una 3 giorni di trekking sulle Alpi
Giulie, per la precisione sul gruppo del Monte Canin.
Ci eravamo innamorate a prima vista di quelle
montagne un paio di weekend prima durante un festival di attività outdoor e ci eravamo subito dette “dobbiamo tornare!”.
E quindi… torniamoci!!
Partiamo alle 14.30 da Trieste, incredibilmente
senza soste supermercato, garage di mamma, benzina in Jugo, ecc. Dopo due ore
arriviamo a Sella Nevea, nuvoloni neri e pioggia ci sorprendono (“il Friuli
piange di essere friulano” cit.). Ci sembra un miraggio vedere il furgone di
Sbisi, climber triestino e amico di lunga data. Sha lo chiama e iniziamo a
capire che il telefono quassù è un optional.
Dopo una mezz’ora finalmente ci risponde, è a Sella
Nevea! Lo raggiungiamo in appartamento e lo troviamo in compagnia di Mose e
Dave.
Vuoto cosmico o pietoso velo sulla splendida serata
passata in compagnia del Ghey Team, di cui i tre desperados fanno parte.
Andiamo a dormire alle 4.30 convinte che il giorno seguente l’impresa la faremo,
andremo sul Canin! Figo.. bel.. bravi tutti!
Sabato 6 agosto
Ore 8.47 suona per 10 minuti la sveglia del Mose
che poi afferma “Ah! Ma xe la mia?!”
Ore 9.50 “Sha, xe le dieci meno dieci!!!”
Ore 10.47 finalmente il sole ci degna del suo
splendore e con la cabinovia raggiungiamo il Gilbo, punto di partenza del
nostro giro. In pancia un succo e un biscotto, altro non era assumibile.
Scendiamo dalla cabinovia, ritroviamo l’atmosfera
del mese precedente, riguardiamo i monti e siamo consapevoli che arriveremo in
cima, costi quel che costi.
Iniziamo a camminare, in breve raggiungiamo Sella Bila
Pec e ci avviamo verso gli ormai ridottissimi nevai e l’attacco della ferrata
Julia. Prima di affrontarla, mangiamo qualcosa, ci copriamo (caldo xe altro,
sai vento anche…), facciamo una rapida sosta toilette e Chià affronta il contro
magno dell’esser donna (ma nulla ci fermerà!). La ferrata Julia è bella, nuova,
un po’ al risparmio con le staffe ma tutto sommato ben protetta. E’ comunque
una bella stancata, quasi tutta verticale e gli appoggi per mani e piedi non
sono immediati. Arriviamo in cima, ma non è la cima… il Canin è lassù, un
centinaio di metri più in alto. Siamo già stanche, tira vento, la fame si fa
sentire ma dobbiamo arrivare in cima e, soprattutto, decidere da dove scendere.
In una ventina di minuti arriviamo in vetta! Monte Canin: 2587 m slm! Yeah! Ara
in che bei posti che te porto… ciò!
Guardiamo il sentiero/ferrata che scende verso il
bivacco Marussich, dove avevamo previsto di dormire… c’è vento, è molto
esposto, non si vedono cavi d’acciaio, si intravede solo la traccia del sentiero…
insomma non ci piace per niente!
Ci spostiamo sotto vento e guardiamo la carta dei
sentieri, veniamo interrotte nel nostro confabulare da una ragazza slovena che
ci mostra la sua carta, a quanto pare più meglio del meglio, e ci dice che
possiamo tranquillamente fare il sentiero dal lato sloveno e che sicuramente il
rifugio in Slovenia più vicino è aperto, o quantomeno c’è il bivacco invernale
… “sure sure, our friends were
there not long time ago!!”
Con un sospiro di sollievo, scendiamo dal Canin
dirette verso questo rifugio, due orette di discesa relativamente blanda e iniziamo
a sognare la pasta col tonno, il salame, il formaggio e il sacco a pelo caldo.
Ah ah… speranze vane! Il sentiero è tranquillo sì, un po’ roccioso (è qui che
hanno inizio i “sta roccia xe onnipresente” di Sha) e in un paio d’ore siamo a
sto benedetto rifugio… chiuso, sprangato, in piena battuta di vento! Il bivacco
invernale? In costruzione! Benissimo!!! Ma … “sti our friends che rifugio verto
se ga sognà?!”
Sono le 18.30 e non resta altro che riprendere il
sentiero, costeggiare il monte Forato, scendere in Sella Prevala e poi ancora
verso il Gilbo. Nel frattempo proviamo a chiamare Sbisi che la mattina ci aveva
detto “noi saremo al Gilbo stasera, se gavè problemi, ciamene pur!”. Utente non
raggiungibile… dejavù!
Alle 21.00 siamo in Sella Prevala, abbiamo
distrutto la carta tabacco causa vento eccessivo e poca pazienza nel
ripiegarla, abbiamo perso sensibilità alle mani ma ci stiamo godendo un
tramonto mozzafiato e vediamo le luci del rifugio!!
La discesa lungo la pista al buio scorre veloce, le
ginocchia urlano un po’ e Chià rischia di finire in un fosso causa frontale un
po’ scarsetta, ma l’obiettivo è lì e non ci fermerà nessuno, neanche l’ultima
salitina spaccagambe. Alle 22.00 circa, dopo 11 ore di cammino, siamo in
rifugio, entriamo e troviamo i 3 del Ghey Team che banchettano al caldo, ci
guardano come se fossimo dei fantasmi e ci dicono “e voi cossa fè qua?!”.
Seguono improperi verso i loro telefoni ma quando ci sediamo, ci arriva la
minestra calda e ci dicono che possiamo dormire lì tutto diventa migliore.
La serata si conclude prestissimo, il sacco a pelo
ci attende e l’unico rumore sono le folate di vento che ogni tanto ci scuotono,
tempo 1 minuto e non le sentiamo più… buonanotte!
Chià&Sha
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